Storia

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Con la nascita della cooperazione sociale, nel 1991,  si aprirono nuovi orizzonti. 
La nostra amata patria, l’Italia, negli anni novanta, aveva bisogno di una legislazione che facesse intravedere norme, non solo per poter raggiungere scopi economici con profitti ma per toccare per mano la mutualita di soci lavoratori e, allo stesso tempo, sposare la solidarieta: con questo connubio nasce la cooperativa sociale.
Una operazione meravigliosa !
Sara una critica alla vecchia politica o un merito se, proprio nei momenti in cui “tangentopoli” faceva vedere i suoi effetti, il legislatore faceva partorire la legge 381/91: quella, appunto, istitutiva della cooperativa sociale.
Cominciava una nuova vita, un nuovo ente si affacciava nel panorama della nostra economia ma con intenti sociali di nuova fattura: la cooperativa sociale, dove si sposa la mutualita, per la cooperazione dei suoi soci, come si diceva, con la solidarieta. E` proprio per dare valenza a quest’ ultimo termine, (la solidarieta), bene ha fatto poi il legislatore ad "insignire" le cooperative sociali dell’ appellativo di Ente Onlus (Organizzazione non Lucrativa di Utilita Sociale).
Nasceva il Terzo Settore nel segno del NON PROFIT: esso non vuole certo sostituirsi, nella prestazione dei servizi, a quello pubblico ma considerarsi strumento da affiancare alla comunita per integrarsi e per colmare le lacune che molto spesso gli Enti pubblici, per la loro azione burocratica, rallentando la corsa, fanno evidenziare una naturale inefficienza.
L’ente operatore “la cooperativa sociale” si affacciava dalla finestra per osservare, appunto la burocratica funzione dell’Ente pubblico (Regione, Provincia e Comune) per operare e per far muovere l’ingranaggio che spesso si inceppa, spesso per puri interessi personali o per ideologie partitiche, ritardando l’attuazione di progetti sociali.
E proprio questo il problema di fondo: spesso gli uomini della politica, assetati da protagonismo o da linee dirigiste, dimenticano le piu elementari forme di civilta ed escono dagli schemi elementari della tolleranza e della convivenza lasciandosi prendere da “una strana frenesia di potere” e dai canoni di una sana politica, tendente a sintonizzare il sistema, affinche tutto possa funzionare per il bene di tutti, con la con la conseguenza di vedere  le classi deboli,  spesso stravolte!
Sara proprio per questi motivi che il legislatore ha sentito il bisogno di vedere il coinvolgimento dell’attivita del privato non – profit che, con le sue progettualita, per  fa sentire “la sua voce” all’esterno della politica e solo “per ragioni sociali”.
Queste continue riflessioni fanno elaborare sentimenti e pensieri straordinari per raggiungere scopi semplici ed elementari: da un lato rendere servizi socio – sanitari ed educativi e dall’altro promuovere azioni, mettendo in campo energie nuove, per far entrare nel mondo del lavoro i soggetti piu esclusi dal mondo del lavoro: “gli svantaggiati”.
E’ questo lo scopo primario cui tende la politica sociale ed economica degli enti – non profit.
Questo termine, “gli svantaggiati”, deve aver fatto sollevare, nelle Istituzioni, e in special modo nella programmazione delle politiche sociali, un senso di ribellione. 
Proprio movendo da tali ultime indicazioni, il legislatore, con la sopracitata legge, ha proposto, indirettamente agli Enti pubblici, la possibilita, raggirando leggi e regolamenti che prevedono regolari bandi, di sottoscrivere convenzioni con gli enti non profit, per svolgere servizi di pubblica utilita, direttamente, secondo quanto indicato dall’art. 5 della stessa legge, senza ricorrere a concorsi particolari.
Una legge, sicuramente, di grande utilita sociale ma che deve subire modifiche quando c’e la presenza della partecipazione dell’Ente pubblico nella stessa cooperativa.
Cio succede quando l’Ente pubblico (Comune, in particolare), voglioso di un senso di egocentrismo, e sempre li presente nell’organismo sociale per dettare patti e condizioni….. per non mollare al privato il potere di decidere.
Trascurando, comunque, questa critica al sistema che fa sorgere, ancora nel nuovo millennio, atti clienterali da parte dell’Ente Pubblico che si crea, cosi, un proprio elettorato, ledendo magari il diritto di chi non vive la politica, tutti si sono accorti che l’Italia Centro – Nord recepi subito il messaggio, con la legge 381/91, attuando politiche sociali, coinvolgendo le imprese sociali nascenti per la trasformazione di un nuovo modello per lo svolgimento di servizi.
Il nostro amato Sud, invece, non si affascino e non si trasformo perche la politica tenne stretto il suo potere e non creo alcuna possibilita al privato di respirare l’aria delle politiche sociali.
I risultati, poi, dopo circa un decennio sono sotto gli occhi di tutti: c’e un Centro – Nord che marcia con un tasso di disoccupazione nella media, o al di sotto, di quella Europea e c’e un Sud che…..marcisce e sente il peso della burocrazia sulle sue spalle.
E’ il segno di una cultura del territorio che ha radici nella sua storia.

E succede spesso, anzi e ricorrente anche nelle piccole realta periferiche che il potere politico fa sentire il suo respiro sulla realta imprenditoriale e sociale per incidere e tenerla vincolata a certe direttive politiche.

E qui la politica sbaglia perche si ostina in questa operazione ledendo norme costituzionali.

E' nostra intenzione, senza politicizzare l’imprenditoria sociale, far sorgere,quale risultato di una rivendicazione di forza sociale, per staccare la spina, l’istituzione del “difensore dei diritti dell’impresa sociale” a mezzo un apposito organismo sindacale che possa sedere al tavolo delle Istituzioni e, operando una concertazione, possa portare le istanze legittime del settore perche il potere politico non abbia a soffocare un settore trainante dell’ economia.